AMMINISTRATORE e DIPENDENTE: compatibili a condizione, si esprime l'INPS

23/09/2019
Inps como commercialista provincia

Amministratore ma anche dipendente di una medesima società: l’eterno dilemma previdenziale è stato oggetto recentemente di un importante e parzialmente innovativo chiarimento da parte dell’INPS.

Bisogna effettivamente premettere, per il lettore di questo scritto, che storicamente si era diffusa una notevole contrapposizione tra contribuenti e l’ente previdenziale INPS sulla compatibilità delle due configurazioni (amministratore e dipendente) in capo ad un’unica persona fisica, nel rapporto con una sola società.

Con Circolare INPS n. 179 dell’08/08/1989 l’Istituto aveva escluso la cumulabilità, su di una sola persona fisica, di un contratto di lavoro dipendente con la contestuale carica di amministratore della medesima società quando in particolare tale carica sociale fosse quella di Presidente del Consiglio di Amministrazione o Consigliere delegato od ancora di Amministratore Unico. A dir il vero, ulteriori documenti interpretativi avevano successivamente meglio precisato la posizione dell’Istituto anche con qualche apertura.

L’INPS è intervenuta, lo scorso 17/09/2019, con il proprio messaggio n. 3359, modificando parzialmente le proprie precedenti interpretazioni, sulla scorta anche di alcune importanti sentenze della giurisprudenza della Suprema Corte (tra cui in particolare le sentenze della Cassazione n. 24972 del 2013 e n. 18476 del 2014) che in questi anni sono intervenute sostenendo che non fosse da escludersi a priori la possibile compatibilità tra il lavoro subordinato ed una carica amministrativa con la medesima società.

In particolare, nel nuovo messaggio, l’INPS ritiene possibile il cumulo tra il rapporto di lavoro dipendente e la carica societaria di amministratore analizzando però, caso per caso, il peso dei seguenti elementi: “i rapporti intercorrenti fra l’organo delegato e il consiglio di amministrazione, la pluralità ed il numero degli amministratori delegati e la facoltà di agire congiuntamente o disgiuntamente, oltre – naturalmente – alla sussistenza degli elementi caratterizzanti il vincolo di subordinazione”.

Ancor più in dettaglio debbono essere verificati i requisiti che seguono:

  1. “che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno”;
  2. “che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene”;
  3. “che il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite”.

Lo stesso messaggio INPS n. 3359/19 ha inoltre il merito di essersi espresso anche su un tema similare: la compatibilità nella medesima persona fisica del ruolo di socio e di dipendente della stessa società. Sull’argomento viene affermato che il rapporto di lavoro subordinato non è compatibile con la figura dell’unico socio, vendendo, in tal caso, a cadere di fatto la subordinazione gerarchica tipica del lavoro dipendente (impossibile subordinazione a sé stessi).

Non è in assoluto incompatibile invece la figura di socio-amministratore-dipendente di una società, quando esistano altri soci e comunque, caso per caso, valutando l’incarico amministrativo-gestorio e le mansioni del lavoro subordinato.



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